INDIVIDUALISMO vs COLLETTIVISMO, RIFLESSIONI


Immaginiamo un’impresa ideale del tipo: 

esistono tre gruppi di persone, operai, impiegati e dirigenti; 
gli operai eseguono, i dirigenti decidono con l’ausilio degli impiegati; 
gli impiegati sono dei tecnici, mentre i dirigenti sono dei politici; 
gli impiegati sono stati scelti dai dirigenti in base ai titoli e meriti, mentre i dirigenti sono scelti dagli operai. 


Una forma così concepita dell’impresa, ammesso e non concesso che sia ideale e neanche fattibile, assumerebbe la forma seguente (A): 



Contro la forma attuale (B): 



Si nota immediatamente che la figura del proprietario viene sostituita dagli operai, ma si nota anche che sono sempre gli impiegati a scegliere gli operai. Ci si chiede se, di fatto, e indirettamente non restino sempre gli impiegati, i veri proprietari occulti dell’impresa? A maggior ragione se fossero gli impiegati insieme agli operai a scegliersi i propri dirigenti. 

Ci si chiede, anche se allo stato attuale non siano da imputarsi delle gravi inefficienze sempre agli impiegati, visto che, di fatto, selezionano e organizzino la manodopera? Ci si chiede, anche se le scelte del proprietario siano le migliori possibili in fase di scelta del dirigente, ma anche se lo fossero in un secondo momento se gli stessi fossero eletti dagli operai? 

Supponiamo che le quattro figure del modello (B) si racchiudano in un’unica persona, l’artigiano, e che questo iniziasse a cercare collaboratori. Se ha bisogno di un tecnico, egli si comporterà come un dirigente e valuterà i titoli e i meriti del potenziale impiegato, anche perché in quanto artigiano, conosce bene il tecnicismo del mestiere; se avesse bisogno di un operaio, egli assumerebbe la veste d’impiegato, valuterebbe unicamente un po’ di buona volontà da parte di questo ultimo; se avesse bisogno di un dirigente, salvo che non avesse un’esperienza teorica e pratica pregressa di alto livello, egli non potrebbe che rivolgersi a terzi per la selezione dello stesso o nel caso più sciocco, agirebbe da solo in base alle simpatie. 

In questo caso particolare i due modelli coincidono e di conseguenza i problemi di organizzazione sono i medesimi. Si potrebbe generalizzare dicendo che, i due modelli presentano gli stessi problemi e di conseguenza avrebbero la stessa efficienza ed efficacia. 

Se estendessimo il modello (A) a tutta la società, i problemi di cui sopra si aggravano: non sarebbe più possibile rivolgersi a terzi per consultazioni in merito alla scelta del dirigente e si procederebbe unicamente per simpatia personale. È proprio quello che succede attualmente ogni cinque anni alle elezioni politiche: 


Dalle implicazioni si evince anche una chiave di lettura che starebbe proprio nella conoscenza di alto livello in merito alle scienze economiche e sociali studiata universalmente da tutti i membri della società. 

Si evince un altro dato non di poco conto: avendo gli imprenditori (individuali o sociali) a loro disposizione anche soggetti terzi come consulenti, sarebbero sempre più efficienti ed efficaci della società nel suo insieme. Non è un caso che, sia i cittadini comuni, sia gli imprenditori, sono continuamente insoddisfatti dell’apparato pubblico e non è un caso che si vada sempre più verso la privatizzazione della società. 

A questo punto di analisi sarebbe opportuno mettere in considerazione tutte le quattro figure del modello, come anche bisognerebbe ricordare che, a parità di meriti, il modello (A) fornisce un’esistenza autonoma dell’azienda, mentre il modello (B) senza lo Stato non può esistere. In merito a quest’ultima considerazione, si pensi alla morte dell’imprenditore o alla sua incarcerazione. È da aggiungere che il modello (A) massimizza il benessere della collettività, mentre il modello (B) massimizza il benessere individuale dell’imprenditore, che spesso è in antitesi con il benessere collettivo con tutta la perdita di benessere sociale che ciò comporta. 



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