LA QUESTIONE MORALE

La morale, secondo Hume, quello che non piace è il male, quello che piace è il bene, quindi moralmente accettabile; dall’altra parte, Kant si concentra sulla ragione e soprattutto sul modo come istituzione della moralità.

E’ anche vero che la conoscenza andrebbe intesa in modo dinamico e non statico, così anche la ragionevolezza delle nostre azioni andrebbe messa continuamente in discussione: una specie di morale della morale, ETICA.



Seguendo Hume, io mi chiedo, come chiameremmo la messa in discussione di quello che ci piace? Come si potrebbe mai mettere logicamente in discussione un concetto privo di logica?

Criticare lo stato di cose presenti genera necessariamente un’alternativa. Sarebbe impossibile criticare costruttivamente ciò che non è mai stato costruito e quindi non parleremmo assolutamente di alternative, casomai, sostituiremmo in toto un sentimento con un altro, o peggio ancora, quando non lo sostituiremmo affatto!

Sarebbe possibile incavolarsi se qualcuno osasse criticare la vostra morale se fosse guidata dalla ragione? E se fosse guidata dai sentimenti? La risposta è assolutamente ovvia: nel primo caso non ci toccherebbe affatto; nel secondo invece, andremmo su tutte le furie!

Seguendo sempre Hume, se un leader (di fatto o di atto) parla di cose piacevoli e si presenta come a noi piace, egli sarà moralmente accettabile e lo saranno anche le sue parole; dall’altra parte, egli sarà oggetto di analisi ragionevole degli oppositori e anche oggetto di ostacolo di altri ancora. In entrambi i casi, tutti i suoi oppositori saranno visti come nemici e conseguentemente odiati e derisi.

Quelli che, dopo aver analizzato il discorso e le tesi, condividono ancora le idee della persona e seguono criticamente, non saranno più odiati dai seguaci, ma saranno odiati dal leader, in quanto potenzialmente più autorevoli del leader stesso e, quindi, ne costituiscono una minaccia.

Secondo Kant, un leader ragionevole, proprio perché mette se stesso e le sue idee continuamente in discussione, perderebbe la gran parte dei seguaci, da una parte per le idee che “non piacciono”, dall’altra invece, per la sua persona che andrebbe a sostituirsi. Insomma, una persona ragionevole non può durare nel tempo, come non possono durare in eterno le sue idee.

Il solo fatto di vedere sempre gli stessi leader sulla scena politica ci dice che quasi la totalità degli italiani “ragiona” con i sentimenti e che un cambiamento allo stato attuale non è possibile. Così si spiega anche il “divide et impera”.

Quando vedrò finalmente dei cittadini comuni mandare a pedate nel culo il proprio leader e non sputare continuamente sugli “avversari” inizierò a “credere” in un cambiamento possibile.

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