ISTRUZIONE E INDOTTRINAMENTO: INTEGRAZIONI AL SECONDO PUNTO


Quanto scritto nei tre post precedenti è facile accorgersi che un conservatore pensa alla propria libertà acquisita o che potenzialmente potrebbe acquisire in futuro mentre un riformista pensa alla giustizia sociale. Già, ma quale giustizia?

Una cosa è giusta se sia anche vera ed è vera se sia conforme alla realtà oggettiva o alla logica. E' facile intuire che le uniche due variabili a nostra disposizione siano “soltanto” la storia e la matematica, la storia come premessa di una realtà oggettiva e la matematica come proiezione per le decisione future. Ogni modello matematico, quale legge semplificata del comportamento complesso, che cerchi di spiegare un fenomeno sociale si basa sugli eventi storici. Conoscere la storia, quindi, è strettamente necessario, ma non è affatto sufficiente! Potendo disporre di svariate statistiche, come anche di cause dei fenomeni, senza la matematica resterebbero inutili numeri sulla carta. Non sapremmo cosa farcene nelle sedi decisionali, non avendo, appunto, nessun strumento rigoroso a nostra disposizione. Spesso è proprio così e si procede per tentativi e ad esclusioni. Il metodo a ritroso siffatto (sbaglia e riprova) non è efficiente, per cui non può essere quello giusto perché non è vero e, quindi, nemmeno etico, tanto meno comunista.

Chi conosce la storia o la matematica è alla metà dell'opera, ma chi le conosce entrambe può considerarsi intelligente; chi ignora anche solo parzialmente le due discipline non possiede alcun strumento di analisi e non gli resta che la fede. Il fedele crede o meno alle parole altrui, dove il meno o il più sono da imputarsi alle sensazioni che, bene o male, possediamo tutti. L'obiettivo del conservatore è proprio quello di parlare al sentimento dello stolto per il proprio tornaconto e imprimergli paure e speranze che altrimenti non avrebbe. Tutta la propaganda, tutte le trasmissioni e articoli dei mass media e tutta la comunicazione in generale non fanno altro che creare paure (falsi problemi) e dare speranze (false risposte) alla massa che non ha mai studiato. Dallo yogurt al signoraggio, dalla partita della domenica all'insegnante a scuola, tutto è funzionale alla comunicazione al credente di turno, ignaro e volutamente addormentato dal conservatorismo vigente che protegge se stesso e le proprie fortune acquisite.

Così, non ci si chiede più sulla qualità di un determinato bene o servizio, ma ci si chiede erroneamente di chi lo ha prodotto, in quanto fiduciosi e fedeli: non importa se una scuola “fabbrichi” gente sveglia, importa invece il nome della stessa, come non importa se un docente sappia trasmettere un po' di spirito critico, importa invece se sia portatore di qualche premio internazionale. Si pensi ai voti nelle scuole: a che cosa servono e a chi giovano? Siamo sicuri che i voti rispecchino le conoscenze dei fatti storici e delle leggi matematiche, ma soprattutto, siamo sicuri che i fanciulli riescano ad usare questi strumenti in modo critico? E' forse quest'ultimo il tassello mancante. Se le due discipline risultano strettamente necessarie il saper collegarle ed usarle opportunamente fa di noi degli esseri sapienti. C'è bisogno, dunque, non solo di teoria, che insieme alla pratica diventano condizioni sufficienti.

Un uomo sapiente può aver commesso molti errori nel passato, poco importa, ma nulla toglie che dagli errori ha saputo cogliere insegnamento. Se lo scopo nelle scuole dovrebbe essere quello di “fabbricare” persone sapienti allora il voto andrebbe fatto alla fine del percorso di studio e sulla base delle capacità di risolvere o meno un problema complesso e inedito a prescindere dal tempo. A tal proposito, che senso potrebbero mai avere le medie dei voti, le sedi d'esame, gli interrogatori e i voti stessi? Appunto, nessuno! Che basterebbe alla fine del percorso di studi porre allo studente un problema complesso e risolverla con un semplice “promosso”.

Per rendersi conto di tale impostazione si pensi alle elementari. Ognuno di noi aveva ottenuto voti differenti, alcuni sono stati anche bocciati, ma nel tempo tutti noi abbiamo imparato a leggere, a scrivere e a fare i conti semplici. Se adesso tutti noi tornassimo alle elementari saremmo promossi ovviamente con il pieno dei voti; dall'altra parte, chiedete a qualsiasi medico con 20 anni di esperienza di quanto si ricordi del corso di matematica o di chimica organica, ma non per questo egli non possa essere un ottimo medico e non per questo se ritornasse all'università, senza studiare nuovamente e impegnarsi, sarebbe bocciato al primo anno. Allora, a che cosa sono serviti tutti quei voti e tutti quegli esami se un professionista qualsiasi se ne ricordi molto poco e se per essere tale necessita di qualche anno di esperienza e se la sua sapienza va orientata da un'altra parte!

La scuola deve essere funzionale alla soluzione dei problemi reali e soprattutto alla capacità di risolverli ed è proprio questa capacità che andrebbe valutata e promossa. Sicuramente un medico con anni di esperienza la sa molto più lunga di un neolaureato e se portassimo alla sua attenzione dei problemi di salute complessi egli sarebbe promosso a pieno titolo mentre il neolaureato alle condizioni universitarie attuali lo bocceremmo quasi sicuramente. Alla pari può essere vista la scuola primaria e secondaria, che non darebbe sicuramente titoli professionali, se non si vuol considerare la “professione di persona umana”, ma una verifica sulla conoscenza delle soluzioni dei problemi della vita quotidiana meriterebbe comunque un tale approccio.

Spiegate le ragioni ora possiamo integrare anche il primo del secondo punto del programma comunista:
-abolizione dei voti nelle scuole e nelle università
-valutazione dello studente alla fine di ogni percorso formativo (scuola primaria, secondaria e terziaria)
-la valutazione, promosso o bocciato, consiste in prove unicamente scritte sulla soluzione di problemi complessi e reali in sede dell' Esame di Stato
-chiunque superasse le tre prove (primaria, secondaria e terziaria) avrebbe pieno titolo all'esercitazione della libera professione e a prescindere dalla frequenza dei corsi di studio o dall'iscrizione nelle scuole o nelle università

Questo vuol dire, ovviamente, concentrare tutte le forze su quell'esame finale, che sarebbe comunque lungo e articolato, non banale e che impegnerebbe sicuramente anche molti giorni e raggiungerebbe problematiche delle più svariate.


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